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Sdegno e dolore in tutta l’Italia per la fine di Andrea, lo studente romano di 15 anni morto suicida perché insultato e deriso a scuola dai compagni, e incompreso anche dai professori, per la sua passione per il colore rosa. Non sappiamo se Andrea fosse gay, transgender, o solo un ragazzo estroso che amava truccarsi e vestirsi in modo originale, ma non ha nessuna importanza. Ha viceversa importanza che un gran numero di suicidi siano causati dal bullismo legato all’orientamento sessuale o all’identità di genere. I ragazzi omosessuali sono sottoposti sia a casa che fuori al noto “minority stress” (stress da minoranza): uno stress psicologico continuativo e logorante, nato dal vivere in ambienti ostili o indifferenti, non fatti a propria misura. Benchè la scienza abbia da tempo dimostrato che l’orientamento sessuale ha una base genetica, biologica, e non è quindi un vizio o un difetto, e già dal 1993 sia stato ufficialmente eliminato dall’OMS il disturbo dell’omosessualità dal novero delle malattie, come in tutti i settori della storia dell’umanità, i progressi scientifici-tecnologici non vanno di pari passo con le acquisizioni culturali e sociali, che impiegano molto più tempo a maturare. Ancora oggi, un adolescente che si confronta con il proprio orientamento omosessuale sperimenta vissuti negativi relativi alla difficoltà di accettazione da parte della famiglia e del mondo esterno(omofobia sociale) oltre che da parte di se stesso(omofobia interiorizzata). L’omofobia interiorizzata, descritta così bene da Pier Paolo Pasolini nelle sue parole “fossile cieco e tetro che porto dentro di me”, consiste nel fatto che la persona omosessuale stessa pensa di “non avere le carte in regola”, ha paura di deludere i genitori per non essere in grado di riprodurre un modello etero- sessuale, vive un pericoloso senso di svilimento e delegittimizzazione personale. Il mancato riconoscimento sociale di una propria identità o orientamento produce, è lapalissiano, un danno psicologico. E’ scientificamente dimostrato quanto sia benefico, dal punto di vista psicologico, per i giovani omosessuali, rivelare il proprio orientamento e vivere alla luce del sole. I genitori, però, sono nella maggior parte dei casi i primi carnefici dei propri figli, tendendo a reagire con emozioni violente, incredulità, rifiuto, delusione e vergogna quando vengono a sapere dell’orientamento omosessuale del figlio o della figlia. Accade quindi il più delle volte che gli adolescenti omosessuali proprio dalla famiglia, invece che sostegno e protezione, ricevano rifiuto e ostracismo. I genitori hanno bisogno di essere “educati” ed informati circa lo stile di vita omosessuale per abbattere l’influenza negativa di vecchie informazioni e pregiudizi. Per esempio i genitori devono sapere che l’omosessualità non è più classificata come una malattia mentale, che gli studi circa la possibilità di “curare” l’omosessualità sono rigettati dalla comunità scientifica internazionale, che l’AIDS colpisce attualmente più la popolazione eterosessuale che omosessuale.
Ma anche nel gruppo dei pari, rifugio di tutti gli adolescenti, non facilmente i giovani diversi trovano accoglienza e riconoscimento. Una recente ricerca condotta dal Centro studi Minori e Media dal titolo “Minori, Mass Media e Diversità” alla quale hanno partecipato 1.214 studenti tra i 14 e i 20 anni di 19 scuole medie superiori di 13 città italiane (Milano, Torino, Venezia, Firenze, Prato, Pistoia, Lucca, Civitavecchia, Napoli, Reggio Calabria, Taranto, Ragusa, Palermo) in 9 Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), ha dato risultati piuttosto sconfortanti: solo 1 giovane su 3 si è definito meno discriminatorio dei propri genitori e nonni nei confronti dell’orientamento sessuale, 1 giovane su 2 ha assistito almeno una volta ad un episodio discriminatorio legato all’orientamento sessuale, 1 giovane su 3 crede che la relazione omosessuale non sia una forma d’amore come quella eterosessuale e pensa che negli ultimi anni la società sia diventata troppo tollerante verso gli omosessuali, e 4 ragazzi su 10 reputano che lo Stato non debba riconoscere alle coppie omosessuali gli stessi diritti di quelle eterosessuali. Stando inoltre ai desolanti risultati di una recente indagine condotta dall’Arcigay su 860 studenti e 40 docenti di scuola superiore con il supporto del Ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali per fare il punto sul bullismo omofobico, due terzi degli studenti che frequentano la scuola secondaria superiore hanno udito epiteti omofobi e prese in giro nei confronti di compagni maschi dall’aria effeminata, e per uno su cinque queste espressioni fanno parte della vita scolastica quotidiana; uno studente su 13 ha assistito almeno una volta nell’ultimo mese ad aggressioni omofobe di tipo fisico (calci e/o pugni fino a molestie sessuali), nonostante la maggioranza degli insegnati dichiari di non esserne al corrente; il 20% dei ragazzi ha commesso almeno un atto riconducibile al bullismo omofobico. Ma non è certo un problema solo italiano, se anche in Gran Bretagna, per esempio, secondo uno studio della Yale University che ha seguito circa 15.000 studenti delle scuole medie e superiori per sette anni., i giovani omosessuali hanno oltre il 40% di probabilità in più degli etero di essere puniti dalle autorità scolastiche, la polizia e i tribunali, benché tali disparità di punizioni non fossero giustificate da differenze nei tassi di comportamento scorretto. Ogni atto di omofobia crea un danno, sociale e psicologico. Gli studi confermano che la discriminazione su gli adolescenti omosessuali può generare calo del rendimento scolastico, fughe da casa, disturbi alimentari, comportamenti sessuali a rischio e abuso di sostanze. Non è un caso che depressione e suicidio siano tre volte più frequenti tra gli adolescenti omosessuali che tra i loro coetanei.
Di fronte alla sofferenza di cittadini italiani rei solo di esprimere una diversità bollata come negativa senza nessuna argomentazione giusta o sostenibile, stigmatizzati in un periodo già così critico del proprio percorso di vita come l’adolescenza, ogni forza civile della società ha il dovere morale e politico di scendere in campo contro ogni violenza verso la diversità, promuovendo la sensibilizzazione di tutte le aree della società al rispetto dei principi solidarietà, della legalità, della convivenza. E’ importante che la scuola, come agenzia di formazione per eccellenza delle nuove generazioni, le istituzioni, i media e tutti i cittadini si impegnino contro la barbarie di un fenomeno, quello dell’omofobia, che trova radici nella prevaricazione e nell’indifferenza, nell’odio e nel pregiudizio, mali alla base di tutte le storture della società. I giovani di oggi appaiono aperti al mondo come mai lo sono state le generazioni precedenti, grazie anche alle nuove tecnologie e forme di comunicazione, ma restano ancora pericolosamente diffidenti e discriminanti nei confronti di chi è diverso. Soltanto attraverso una profonda e radicale rivoluzione culturale è possibile sconfiggere i pregiudizi, dando valore all’individuo: omosessuale, come diversamente abile, di colore, indigente, rom: semplicemente, una persona.

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