Basterebbe solo la lunga esperienza quale conduttrice di gruppi di auto-aiuto ed orientamento sistemico per definire la genesi di Le cicale e le civette. Ludopatia e dipendenza affettiva. Storie di percorsi di in-dipendenza, eppure il testo della sociologa Alessandra Rosa Rosa, presentato nella sala consiliare del Comune di Piano di Sorrento, è frutto di una più ampia osservazione scaturita dall’esperienza presso il Centro per le ludopatie della Fondazione Antiusura Exodus ’94 ed il Centro ascolto della Caritas Diocesana di Castellammare di Stabia. Un titolo accattivante che fa riferimento al mondo favolistico dove gli animali rappresentano vizi e virtù umani. Una metafora, dunque, “per descrivere forme di un amore spesso malato e tossico che si camuffano dietro un disagio più profondo e non facilmente decifrabile”. E la scelta della cicala, così come quella della civetta, non è casuale. Alla stregua delle cicale, infatti, “i ludopatici succhiano linfa vitale a se stessi e ai loro familiari”, così come le civette rimandano ad “atteggiamenti e strategie” utilizzati dalle donne “in dipendenza affettiva nella spasmodica ricerca del mantenimento di un amore insoddisfacente e malato”. Centotredici pagine in cui la professionista della Dipendenza racconta e si racconta a partire dal suo lavoro “di attesa” nelle svariate Comunità terapeutiche. E se “la Dipendenza è una brutta bestia” non solo per “adulti” che talvolta “diventano essi stessi Co-Dipendenti, ma anche per i loro familiari, lo è ancor di più per gli operatori e gli addetti ai lavori. “Nulla è scontato in questo mestiere”, dichiara la dottoressa Rosa Rosa, “si procede a volte intravedendo il passo successivo, a volte immersi nella nebbia, tenendo sempre in mente che non è possibile portare nessuno dove non vuole andare”. Un testo che prendendo le mosse dall’esperienza personale diventa un valido contributo per una società spesso cieca di fronte a tematiche e fenomeni latenti, ma che, purtroppo esistono e di fronte ai quali non sempre si reagisce o si sa reagire nella maniera più idonea. E dal libro emerge non solo l’esperienza professionale, ma in primis quella umana di chi ha fatto del proprio lavoro la sua missione. E di dipendenze patologiche la dottoressa Rosa Rosa ha una vasta esperienza: dalle sostanze stupefacenti, all’alcolismo, dai disturbi alimentari, alle dipendenze affettive, alla ludopatia. Dipendenze che hanno caratterizzato un tempo, ma che si sono “adeguate” ed “evolute”con la società, senza distinzione di sesso, di razza e di ceto sociale. Eppure “dalle dipendenze, tutte” dice con forza la docente in Corsi e Percorsi di formazione per operatori sociali, “è possibile uscire, anche se non è facile”. Depositaria di storie familiari, di disagi, di “ossessioni”, di dipendenze, la dottoressa con grande competenza, ma con altrettanta disponibilità ed umanità, ma soprattutto con l’umiltà che è propria dei grandi, quotidianamente ricerca nuove modalità di intervento, singole e di gruppo, per fronteggiare l’emergenza dipendenze, entrando con garbo nelle fragilità umane più recondite.
Anna Gentile