“[…] Stupidamente parlo e il mio cuore nascondo dietro le parole” è così che Debora Ostieri mette bianco su nero i suoi sentimenti nel libro “Tre volte Amore”, un progetto concepito a soli 16 anni. Dopo esperienze da actor coach, cantautrice, attrice in spot, serie tv e teatro, finalmente la raccolta di poesie della trentenne trova il suo consolidamento. Originaria di Vico Equense, frequenta l’indirizzo linguistico presso il liceo Publio Virgilio Marone di Meta. Dopo la maturità segue la sua vocazione per la scrittura ed il cinema e si trasferisce a Roma dove frequenta l’“Accademia artisti”. Nel 2022 prende parte a diversi progetti televisivi Rai, alla stregua di Serena Rossi e Massimiliano Caiazzo. Nel 2023 lavora al film “Napoli New York” per la regia del premio Oscar Gabriele Salvatores in collaborazione con Pierfrancesco Favino, non solo in veste di attrice, ma svolgendo coaching per i due piccoli attori protagonisti. Nello stesso anno coopera ad un progetto Sky, “Piedone”, la serie con Salvatore Esposito protagonista. Sabato 23 novembre Debora ha fatto ritorno nel “luogo dell’adolescenza”, il suo liceo, toccando le anime dei 1000 studenti lì presenti con una testimonianza cruda e coraggiosa. In occasione della giornata contro la violenza sulle donne il Publio Virgilio Marone si è colorato di rosso ed ha ascoltato la parola di una ragazza che ha vissuto a pieno quello stesso “amore” che ha spezzato il suo spirito ed il suo corpo, ma dai cui frammenti, pezzi di un animo cieco, è riuscita a ricostruire la donna che è oggi, una donna forte, consapevole, affermata, una donna che porterà per sempre dentro sé il fardello della storia di quella liceale cosìpiccola, forse troppo, per la violenza in cui è stata trascinata. Debora si è presentata come Nunzia. Nunzia era una donna, Nunzia era una madre. Nunzia, quarantasei coltellate su tutto il corpo. Calci, pugni, morsi, capelli strappati, uno zigomo fratturato, un polmone trafitto. Nunzia Maiurano fu uccisa dal marito con feroci sevizie ed inaudita violenza, poco dopo le nove del mattino, nella sua abitazione in località Sant’Anna a Cava de Tirreni, in provincia di Salerno, il 22 gennaio 2018. Nunzia aveva 40 anni. Un delitto orrendo per la sua efferatezza ed ancor più per l’agghiacciante scenario nel quale si è consumato: uno dei figli della coppia, di soli 5 anni, e la madre della vittima, anziana malata, hanno assistito all’omicidio. Una storia riportata in una delle puntate di “Amore criminale”. Amore criminale è un programma televisivo ideato da Matilde D’Errico e Maurizio Iannelli in onda su Rai 3 dal 2007. Quando è stato creato, in Italia non esisteva ancora la legge sullo stalking, approvata in seguito nel 2009, con la norma 38. La trasmissione, negli anni ha visto al timone diverse conduttrici, in una sorta di passaggio ideale di testimone nella lotta per l’eliminazione della violenza contro le donne. In ogni puntata di Amore criminale viene raccontata e ricostruita la storia di un femminicidio. La trasmissione nasce per denunciare questi orrori e le inaudite dinamiche che portano ad essi. Quella del format è una vera e propria missione volta a fornire informazioni utili per cogliere qualsiasi possibile campanello d’allarme e comprendere tutte le sfaccettature della violenza, da quella psicologica, alle sue forme più subdole e difficili da riconoscere. Alla redazione di Amore criminale arrivano moltissime richieste d’aiuto da parte di donne che, guardando le puntate, si riconoscono nella narrazione delle storie ed alle quali il programma fornisce il numero del centro antiviolenza più vicino. Durante il dibattito finale tra Debora e gli studenti, consuetudine di ogni assemblea per rompere qualsivoglia barriera formale con l’ospite e permettere così agli alunni di toccar con mano la sensibilizzazione, è spiccata una domanda in particolare: “Cos’è stato più difficile del recitare una storia così affine a ciò che ha vissuto sulla sua pelle?” La risposta di Debora ha fatto rabbrividire tutti “Il nome del protagonista, Salvatore, anche il mio ex fidanzato si chiamava così, quasi non mi sembrava di fingere per quanto mi fosse familiare la situazione”. Che l’omonimia sia stata una mera coincidenza o un segno del destino, sia in finizione che in realtà, Debora si è ritrovata imponente dinanzi a Salvatore, Salvatore Siani nel caso di Nunzia. Ecco che Debora si ripresenta ora come Debora, Debora Ostieri, e ci delinea la parabola di un’adolescenza tormentata da un “amore” tossico e malato, un “amore” egoista, un “amore” geloso di un sogno, un “amore” che cercava imperterrito di tagliare le gambe alle aspirazioni della giovane Debora per “averla tutta per sé”. “Ho sempre amato la cinematografia e quando, inaspettatamente, fui accettata all’università, senza pensarci due volte, decisi che mi sarei trasferita a Roma per rincorrere il mio obiettivo” “Ovviamente arrivò il momento di comunicare quest’importante decisione al mio fidanzato nella speranza che fosse la lontananza stessa a permettergli di apprezzare la persona che ero o porredefinitivamente un punto a ciò che di più lontano dall’amore stavamo diventando”. È così che Debora inizia a presentarci gli aloni di quella relazione che, in un primo momento, si poteva definire quasi romanzata. Ce li espone gradualmente, proprio come ogni partner violento agisce, quasi con un climax crescente, che veste il viso della vittima di paraocchi, distorsori di realtà, mostranti un solo lato di essa, la faccia della medaglia che più comoda risulta all’altro, quella “realtà” in cui, presto, si configurerà il carattere di un vero e proprio aggressore. “Era il giorno di ferragosto e, come ben sapete, le strade della Penisola quel giorno sono deserte, mi ritrovai da sola, senza nessuno a cui poter chiedere aiuto, insanguinata, per terra, quasi senza sensi” “Chiamatemi pure stupida, ma arrivai a ciò per comprendere che quella era tutt’altro che normalità”. Che cos’è la normalità? “Capisci che bello, mi lascia uscire vestita come voglio”. “È troppo carino, mi ha detto che potrò passare una serata con voi e mi ha raccomandato addirittura di divertirmi, sono proprio fortunata” Così Debora entusiasta parlava della nuova relazione alle sue amiche, le quali sbigottite continuavano a ribattere: “Non sorprenderti, Debora, è normale”. La normalità, un assetto che dovrebbe esaurirsi in una dimensione oggettiva ed universale, al giorno d’oggi si ritrova ad essere relativa in base alla realtà di chi, fino a quel momento, ha vissuto nell’anomalia, non riconosciuta, per vergogna, paura o manipolazione, come tale. La realtà di chi ha vissuto un amore tra mille virgolette, la realtà di chi ha vissuto nella violenza, rimanendo in silenzio. La realtà di chi vissuto non ha poi così tanto”. Lo strazio di chi ha assistito all’annientamento della sua stessa vita. L’amore dovrebbe essere la linfa dell’esistenza, ma attualmente non fa che condurre al suo opposto. Debora Ostieri, una superstite dell’amore.
(Miriam De Angelis)