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Due parole a proposito dei cani…

Quest’articolo non vuole esser esclusivo appannaggio di cinofili, ma intende proporre spunti di riflessione sui nostri amici quadrupedi, partendo da un dato di fatto: il cane è da sempre impiegato da Protezione Civile, Polizia, Guardia di Finanza, in operazioni, anche abbastanza rischiose e il suo aiuto, in molti casi, risulta essere decisivo per la salvezza di vite umane o per il ritrovamento di indizi utili, nella risoluzione di casi difficili. Per non parlare poi di un’ampia letteratura che vede i cani protagonisti di storie di amore e devozione nei confronti dei loro padroni… partendo da molto lontano, ad esempio, nell’Odissea, si scrive di Argo il fedele cane di Ulisse che esala l’ultimo respiro, solo dopo esser stato l’unico a riconoscere il padrone che sotto mentite spoglie e dopo molti anni, aveva fatto ritorno a casa. Fino ad arrivare al secolo scorso, con un esempio lampante di incondizionata fedeltà che può essere incarnato nella figura di Hachiko, un esemplare di razza Akita che ogni giorno accompagnava il suo padrone alla stazione a prendere il treno e che puntuale lo aspettava al suo ritorno per accoglierlo e tornare a casa con lui. E fin qui un comportamento ammirevole che però assume dell’incredibile, se si tiene conto del fatto che il nostro quadrupede aveva continuato a farlo, per molti anni, anche dopo la morte del suo adorato padrone. Infatti, lo aspettò pazientemente, ogni giorno, alla stessa ora, anche se, in cuor suo, probabilmente sapeva che non sarebbe più tornato. Da questa storia è stato tratto un commovente film del quale Richard Gere è protagonista.

 A questo proposito, mi sembrano appropriate le parole dello scrittore e giornalista John Grogan che cito testualmente: “A un cane non servono automobili lussuose o grandi case o vestiti di sartoria. Un bastone fradicio gli va altrettanto bene. Un cane giudica gli altri non dal colore, dal credo o la classe ma di chi sono interiormente. A un cane non importa se sei ricco, povero, istruito o analfabeta, intelligente o stupido. Dagli il tuo cuore e lui ti darà il suo. Era molto semplice, eppure noi umani, così più saggi e sofisticati, abbiamo avuto sempre difficoltà a immaginare quel che conta e non conta realmente.”

Dopo queste notizie che non vogliono costituire un’apologia della figura canina, ritenendo il cane sempre buono e obbediente, ma si limitano a delle semplici realtà di fatto e pur tenendo conto delle innumerevoli persone che si prodigano per i cani e li sommergono di attenzioni (a volte troppe e inappropriate), tuttavia di fronte al problema dell’abbandono che dà origine al randagismo, non posso fare a meno di chiedermi: che cosa sarebbe successo ad ognuno di noi, se ci avessero accudito solo fino a quando non fossimo cresciuti di dimensione per poi, abbandonarci a noi stessi, senza pensarci due volte? I cuccioli si sa, ispirano tenerezza, ma un cane adulto è colui che ha condiviso o che può condividere con noi, un pezzo della nostra vita e non si può decidere da un momento all’altro di buttarlo via, in mezzo ad una strada, solo perché ha messo su chili e il capriccio del momento è passato … dunque, in molti casi, vale il detto secondo il quale il cane è il migliore amico dell’uomo, ma se provassimo a ribaltare la frase,cambiando il soggetto, potremmo affermare, sempre, lo stesso? Tante bestiole, nei canili, soffrono per le storie difficili di abbandono e di maltrattamento che si portano sulle spalle, con i loro occhi languidi che fissano chi gli sta attorno, speranzosi di ricevere una carezza o che ormai, nei casi peggiori, sembrano aver perso ogni speranza e rassegnati al loro infelice destino. Adottarne uno, significherebbe fare la sua felicità e forse anche la nostra, riscattando l’immagine delle persone che non ne hanno avuto cura, senza rendersi conto che quello stesso cane, così bistrattato, appartiene a quella stessa specie di quanti se opportunamente addestrati, rischierebbero la propria vita, per aiutare qualcuno.

Fara C.

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